mercoledì 31 ottobre 2012

Panini con gocce di cioccolata

Su richiesta  dei miei bimbi ho realizzato questa ricetta ricorrendo all'utilizzo del prefermento. Li realizziamo partendo dalla preparazione di quest'ultimo che richiede circa 8 ore: prerogativa importante se si vuole un prodotto finale che si caratterizzi per sofficità e morbidezza.


Prefermento



farina W 300       
100%
300 gr
acqua 
60%   
180 gr
lievito fresco   
0,5%
1,5 gr
sale   
2%
6 gr

Sciogliamo il lievito nell’acqua e aggiungiamo la farina dove avremo messo il sale. Impastiamo e assicuriamoci di aver idratata tutta la farina. Non occorre incordare. Copriamo e mettiamo a temperatura di circa 21°C. Il prefermento sarà pronto quando, al raddoppio, noteremo un leggero cedimento al centro dell’impasto.

Impasto finale

farina W300
100% 
300 gr
acqua 
27 %
80 gr
lievito fresco 
1 %  
3  gr
sale
2 %
6 gr
olio
12%
36 gr
Zucchero
30%
90 gr
Uova
34%
100 
Cioccolata
27%
80 gr

I 100 gr di uova corrispondono a due uova medie. Da queste estrapoliamo il tuorlo che utilizzeremo insieme all’olio.
 Sciogliamo il lievito nell’acqua ed aggiungiamo 150 gr di farina. Partiamo con la foglia a velocità 1,5 ed aggiungiamo a piccoli pezzi tutto il prefermento. Quando si tutto è ben amalgamato e incordato, inseriamo il gancio e, sempre a velocità 1,5, iniziamo ad inserire nell’ordine le uova, lo zucchero e la rimanente farina (140 gr). Quando tutto e ben incordato, inseriamo il tuorlo che avremo unito all’olio formando una cremina.L’inserimento deve avvenire con piccole dosi, curando che tutto sia stato bene assorbito prima di inserire un’altra porzione. A questo punto inseriamo le gocce di cioccolata facendo fare piccoli giri all'impastatrice, in modo da assorbirli uniformemente.

 A 26°C fino a che non triplica di volume (circa 3,5 ore). 
Capovolgiamo sulla spianatoia leggermente infarinata e, dopo aver sgonfiato diamo una piegatura a tre (come per la sfoglia). Attendiamo 15 minuti, quindi suddividiamo in pezzi da 40 gr. e pirliamo (arrotondiamo). 

Sistemiamo in teglia e poniamo a 26°C fino al raddoppio. Inforniamo  a circa 180°C dopo aver spennellato con albume



sabato 20 ottobre 2012

Danubio con pastamadre


Ho già preparato il danubio (e non mi stancherò mai di rifarlo: è il preferito della mia famigliola tra i miei esperimenti ) utilizzando il prefermento. Il risultato mi aveva davvero soddisfatto: sofficità, filatura della mollica, scioglievolezza nella masticazione. Era chiara l’influenza del prefermento, che con il suo apporto di elasticità, donava al prodotto finale le caratteristiche sopra descritte. Con la pasta madre vale quanto detto per le graffe: lunghi tempi di attesa, fisiologici affinchè la lievitazione giunga al termine, possono portare ad un irrigidimento del prodotto finale. Dovremmo optare per un doppio impasto: io, invece, vi assicuro che il risultato che otteniamo con un impasto unico e una percentuale maggiore di pasta madre, è di ottima fattura.
Ingredienti per 17 palline da 30 gr.
Utilizzeremo una pasta madre idratata al 50%                      
farina W 300       
200gr
100%
Acqua
106 gr
53 %  
Tuorli d’uovo
30 gr
15 %
sale   
6 gr
3 %
Burro
35 gr
17,5 %
Pasta madre
150 gr
75%
Zucchero
35 gr
17,5%

Inseriamo nella vasca dell’impastatrice l’acqua e  sciogliamoci  la pasta madre. Con la foglia a velocità 1,5 aggiungiamo 150 gr di farina. Incordiamo. A questo punto inseriamo i rimanenti ingredienti aggiungendo nell’ordine: tuorli d’uovo, lo zucchero i rimanenti 50 gr. di farina. Esauriti gli ingredienti incordiamo. 
Con il gancio iniziamo ad aggiungere il burro che avremo ammorbidito portandolo a temperatura ambiente. Incordiamo. L’impasto finale deve presentarsi bene in corda e semilucido. 

Poniamo il contenitore a 28°C fino a che l’impasto non è triplicato. Rovesciamo l’impasto sulla spianatoia leggermente infarinato


 e suddividiamo in pezzi di 30 gr. Formiamo palline che, con tecnica della pirlatura, provvederemo a stringere. 
Riprendiamo di nuovo le palline e appiattiamo per consentire l’’inserimento del ripieno. Poniamo su teglia circolare leggermente oleata e poniamo a  28° fino al raddoppio.


Al raddoppio lucidiamo con albume e inforniamo a 200 gradi.

Gruppo di discussione su FB


Ho deciso con l'incoraggiamento di molti, di aprire un gruppo su FB in cui si discuta e ci si confronti sullo splendido mondo dei lievitati. Vi riporto per intero quello che mi sentivo di scrivere nel messaggio iniziale.
Se vi va di partecipare ne sarei lieto.

Il gruppo nasce con l'intento di far luce (quando ciò rientra nelle nostre possibilità) su alcuni aspetti che regolano il variegato mondo dei lievitati. Si cercherà di comprendere ciò che avviene all'interno degli impasti, in quanto solo in questo modo si riesce ad individuare  gli errori (ma anche i risultati positivi) per poter rendere il prodotto finale "riproducibile". Siamo tutti invitati a proporre esperienze, sia positive che negative, ma anche contesti che esulano dalla discussione puramente tecnica (ci mancherebbe), non siamo mica a scuola, ma in gruppo dove chi vuole chiarimenti o proporre soluzione, sa della presenza delle persone accomunate dalle sue stesse esigenze.

martedì 16 ottobre 2012

Graffe con pastamadre


Tutti le amano e , pur se fritte,  lo si dimentica pur di gustarne più di una. Ho già pubblicato una ricetta di graffe, dove ho ricercato la morbidezza del prodotto finale adottando il poolish come prefermento. E con la pasta madre?
Per i lievitati dolci l’uso della pasta madre, ritengo, deve tener conto di alcune regole. Leggendo un po’ in giro mi son fatto l'idea  che, qualora si decida di utilizzarla in preparazioni che non prevedono il doppio impasto, queste devono essere realizzate “accelerando” la fermentazione successiva dell'unico impasto. La ragione è nella natura stessa della pasta madre: rispetto ad un prefermento preparato con solo lievito di birra, si presenta molto più acida (caratteristica che aumenta con il tempo) che esplica un’azione, sicuramente positiva, ma nel nostro caso eccessiva: irrigidimento della maglia glutinica, a discapito della morbidezza del prodotto finale.
Ho fatte diverse prove utilizzandone il 30%  rispetto alla farina, ma i tempi erano lunghi con le conseguenze di cui sopra.
In questa ricetta, invece, ho puntato ad accorciare i tempi aumentandone la quantità. Utilizzeremo una pasta madre idratata al 50%                      
farina forte           
280 gr
100%
Latte
20 gr
7 %     
Uova
zucchero
150 gr
80 gr
54 %
29%
sale   
7 gr
1,75%
Burro
75 gr
27%
Pastamadre
200 gr
71,5%
Zeste di mezzo limone



Inseriamo nella vasca dell’impastatrice gli albumi che romperemo con una forchetta, il latte e  sciogliamoci  la pasta madre. Con la foglia a velocità 1,5 aggiungiamo tanta farina fino ad ottenere un impasto morbido. Incordiamo. A questo punto inseriamo i rimanenti ingredienti aggiungendo nell’ordine: tuorli d’uovo, la rimanente farina e lo zucchero. Esauriti gli ingredienti incordiamo. Con il gancio iniziamo ad aggiungere il burro che avremo ammorbidito portandolo a temperatura ambiente e le zeste di limone. Incordiamo. L’impasto finale deve presentarsi bene in corda e semilucido. 
Poniamo il contenitore a 28°C fino a che l’impasto non è triplicato. Rovesciamo l’impasto sulla spianatoia leggermente infarinata e suddividiamo in pezzi di 70 gr. Formiamo palline che, con tecnica della pirlatura, provvederemo a stringere. Riprendiamo di nuovo le palline e, con le dita infarinate operiamo un buco centrale. Allarghiamo l’impasto roteandolo  con le stesse dita che l’hanno forato. Poniamo su teglia con carta forno e a 28° fino al raddoppio.

Vanno fritta in olio di semi portato alla temperatura di 150°C e una volta asciugati spolverati di zucchero semolato 
                       

venerdì 12 ottobre 2012

La pasta madre


C'eravamo lasciati nel post di natura tecnica " l'impasto"  a parlare della fermentazione,  affermando che gli alveoli  sono il risultato di un doppio fenomeno: l'introduzione di aria nell'impasto per creare i siti di alloggio e la formazione di co2 che quei siti andranno ad occupare. Ora, come e sopratutto chi produce la co2. Togliamoci subito il pensiero, e spero che questo non vi allontani dal suo utilizzo, ma tutti i contenitori che tanto affettuosamente custodiamo e che contengono pasta madre, ospitano  anche i LIEVITI. Devono, altrimenti non riusciremmo a tirar su i nostri pani. I lieviti trasformano gli zuccheri semplici ( glucosio e fruttosio) in alcol e co2, il gas che incorporato negli alveoli, si espande provocando la crescita del pane in cottura. Dirò di più,   é durante la prima fermentazione (quella immediatamente successiva alla fine dell'impasto) che se ne forma in quantità maggiore. Bene, potreste chiedermi , allora, per quale motivo buttiamo tanto fatica, oltre a tanta pasta madre durante i rinfreschi ;) se a far lievitare gli impasti ci pensa il lievito di birra con la co2? I motivi che ci spingono ad utilizzare la pasta madre sono innumerevoli: cercheremo di approfondirne qualcuno in questo post e lasciare gli altri per le prossime chiacchierate.
Partirei dal nome: non mi piace il termine Lievito naturale, in quanto anche quello contenuto nei panetti è naturale, mentre Pastamadre é più consono in quanto dandogli nutrimento il vasetto "partorisce" sempre materia giovane. 
La pasta madre appartiene al gruppo dei PREFERMENTI, e come tale esplica tutta una serie  di effetti positivi. Contiene oltre ai lieviti, i BATTERI che si caratterizzano per la modalità di essere anaerobi, vale a dire che crescono in assenza di ossigeno,  e traggono energia dalla fermentazione degli zuccheri. Però mentre i lieviti producono alcool e co2, i batteri lattici producono essenzialmente ACIDO LATTICO come prodotto principale. A cosa ci serve questo acido negli impasti.? All'aumentare dell'acidità muoiono i batteri concorrenti che tanto danno farebbero al prodotto finale, consentendone quindi una migliore conservabilità. Inoltre avrete notato la presenza di aromi che caratterizzano gli impasti preparati con pasta madre, che si liberano soprattutto durante la cottura.  Ebbene, sono particolari molecole ( ESTERI) che si formano dalla reazione tra un ACIDO CARBOSSILICO ( acido lattico prodotto dai batteri) e un ALCOL ( prodotto dai lieviti). Abbiamo parlato di acido lattico, ma vi sono anche batteri capaci di produrre ACIDO ACETICO. Vi sono differenze? È preferibile maggiore presenza del primo o del secondo, ma soprattutto questa differenza può essere determinata dalla diversa idratazione della pasta madre?....... devo infornare, alla prossima;)))

mercoledì 10 ottobre 2012

Focaccia con pastamadre

Nel post dedicato ad alcune considerazioni sull'impasto, ponevo l'accento sulla necessità di incorporare ossigeno dell'aria durante l'impastamento, in quanto precursore degli alveoli che si riempiranno di co2 durante la fermentazione finale. Per la ricetta che sto per postare la presenza di una mollica areata é il frutto sia dell'aspetto sopra indicato, sia di una percentuale di idratazione dell'80 %. Altra considerazione riguarda la tipologia di pastamadre che utilizzeremo. É pur vero che la quantità che ci occorre va prelevata quando, dopo il rinfresco il lievito é raddoppiato, ma si corre il rischio, in questo caso, di introdurre acidità eccessiva, che unita a quella derivante dalla lunga fermentazione in frigo può portare ad un prodotto troppo legato con mollica troppo compatta. Quindi ancor prima che l'impasto é pronto (ognuno di noi conosce il momento) preleviamo la quantità che ci occorre. Vi metto la foto della mia pastamadre quando é stata utilizzata per questa ricetta.
Ingredienti:
farina W 300       
                          100%
500 gr
acqua 
                          80%   
400 gr
pastamadre   
                           25%
125 gr
sale   
                            2%
10 gr
Olio evo
                            8%
40

Per questa ricetta utilizzeremo pasta madre idratata al 50%. Preleviamo 350 di acqua in cui sciogliamo la pastamadre con la gancio a K . Aumentiamo la velocità 3 a continuiamo per 3 minuti, ( ci serve per incorporare ossigeno). Aggiungiamo la farina e facciamo andare la macchina per un minuto a velocità 1,5. Fermiamo la macchina, copriamo e facciamo riposare la massa per circa 30 minuti ( autolisi). Ripartiamo con la foglia. A velocità 1,5 aggiungiamo il sale. Incordiamo e dopo 2 minuti iniziamo ad aggiungere i rimanenti 50 gr di acqua. L'aggiunta deve avvenire a piccole quantità ed attendere che la porzione inserita sia stata assorbita prima di aggiungere quella successiva. Incordiamo. La massa deve staccarsi dalla vasca e presentarsi liscia e ben legata. Con l'impastatrice in funzione aggiungiamo l'olio evo a filo. Capovolgiamo l'impasto più volte durante l'aggiunta, per consentire un migliore assorbimento. L'impasto deve presentarsi così:
Poniamo in contenitore con chiusura ermetica a 26 gradi. Dopo un'ora operiamo una piegatura dell'impasto direttamente nel contenitore: portiamo un lembo dell'impasto sulla metà dello stesso. Ripetiamo la procedura per gli altri tre lati. Quindi, ribaltiamo l'impasto riponendolo nel contenitore. Trascorsa la seconda ora ribaltiamo la massa direttamente nella teglia oleata. Stendiamo e poniamo in frigo a 10 gradi per 6 ore ( questi due valori sono suscettibili di variazione: all'aumentare del primo corrisponde la diminuzione del secondo). Al raddoppio inforniamo dopo aver spennellato con un'emulsione di acqua e olio.Il forno deve essere portato al massimo e i primi 10 minuti di cottura devono avvenire poggiando la teglia direttamente a contatto con la platea (lato inferiore del forno) con l’accortenza, però di coprire la stessa con un’altra teglia uguale.
A sviluppo avvenuto, spostiamo la teglia, scoperta al terzo ripiano dall’alto. Portiamo a doratura. Il tutto deve avvenire non superando 15/18 minuti: si rischia di seccare troppo il prodotto.


sabato 6 ottobre 2012

La crosta del pane




La formazione di una crosta croccante ma soprattutto duratura è il sogno di molti di noi panificatori casalinghi. Va bene l'odore, il sapore, l'aroma che accompagna il consumo di una pagnotta prodotta con le nostre mani (è sempre consigliabile impastare il pane a mano), ma poter anche sentire ma soprattutto vedere quei residui croccanti che si liberano al momento del taglio, è una vera soddisfazione. Per i forni che ci ritroviamo nelle nostre case, poter ottenere un pane croccante è piuttosto complicato, semplicemente perché non disponiamo (la maggior parte di noi, s'intende) della funzione vapore, cioè creare nella camera di cottura che ospiterà il pane, vapore sufficiente per la formazione della crosta, e non solo, come vedremo tra poco. L’aggiunta del vapore deve avvenire appena prima che la forma entri nel forno (per i forni professionale, per noi avverrà appena poggiata la stessa sulla pietra ollare) per 2 motivi: 1) incrementare il volume e 2) favorire la formazione di una buona crosta. Il vapore incrementa il volume della forma del pane attraverso il rallentamento della formazione della crosta, consentendo all’impasto l’espansione che gli occorre. La superficie dell'impasto è la zona a più diretto contatto con il calore del forno, per cui asciugandosi inizia a formare la crosta, impedendo l'espansione del pane. L'immissione del vapore, invece, direttamente sul pane, relativamente freddo, ne consente la condensazione, creando uno strato liquido sulla superficie. Dapprima questo fornisce una quantità di calore all’impasto: il vapore acqueo contiene energia che viene rilasciata come calore quando il vapore condensa. Successivamente il livello dell’acqua raffredda la superficie attraverso l’evaporazione. Questo rallenta la formazione della crosta, in modo che il calore possa promuovere, raggiungendo il centro dell’impasto, l’espansione dello stesso. L’aggiunta di vapore, inoltre, si traduce anche in una crosta migliore, più spessa, più colorata e lucida. Bisogna sapere che la superficie d’impasto è più calda e quindi più presenti e veloci saranno le reazioni chimiche con liberazione di zuccheri e amminoacidi che colorano la crosta. A temperature abbastanza elevate, gli enzimi che facilitano queste reazioni vengono disattivati. L’effetto raffreddante del vapore sulla superficie dell’impasto fornisce un clima umido non troppo caldo, necessario agli enzimi per poter lavorare. L'immissione di molto vapore crea un livello di liquido più spesso e ciò consente il perpetuarsi delle reazioni enzimatiche, prima che questi vengano inattivati dal calore. Questo dà come risultato una maggiore quantità di zuccheri e amminoacidi che oltre a colorare il pane, rendono appunto la crosta più spessa.

Orbene dopo questo preambolo fondamentale per comprendere ciò che avviene, dobbiamo sapere adesso ciò che ci occorre per poter realizzare il vapore. Lascerei perdere pentolini e spruzzate di acqua prima dell'infornata o durante al cottura. Quello che ci occorre è un piccolo generatore di vapore e un grosso contenitore in alluminio che a mo' di coperchio "protegga" il pane, appena infornato, per i primi 15 minuti.
                                                 
Come potete notare,  è stato praticato un foro nella parte superiore dello stesso diametro dell'ugello del generatore di vapore (io uso una vaporella)
Ebbene, quando il nostro impasto è pronto e il forno è quasi a temperatura (10 minuti prima di infornare) mettiamo in corrente il generatore e prepariamo il contenitore. Quando è tutto pronto, con una pala (quella in foto, per esempio) inforniamo, quindi poggiamo il contenitore sulla forma e attraverso l'ugello praticato spruzzeremo vapore per circa 5 secondi. Chiudiamo e attendiamo 15 minuti, durante i quali avviene parte delle reazioni che abbiamo sopra descritto, trascorsi i quali toglieremo il contenitore. I 15 minuti sono il tempo necessario affinché il pane si espanda, quindi dovremmo poter vedere l'apertura dei tagli e l'espansione della forma. Se ciò non è avvenuto, be' qualcosa è andato storto. Continuare la cottura favorendo la fuoriuscita del vapore negli ultimi 15 minuti.


giovedì 4 ottobre 2012

Focaccia al rosmarino



Impasto che prevede  l’utilizzo del prefermento e l’immissione del 10% , rispetto alla farina, di olio di oliva extravergine, che inseriremo ad inizio impasto.  È presente l’ 80% di acqua, per cui abbiamo bisogno di effettuare 2 pieghe durante la prima fermentazione. È un prodotto che prepariamo in giornata, in quanto le caratteristiche tipiche di una lunga fermentazione (elasticità e aromi) ci vengono donati dal prefermento che prepareremo 8-10 ore prima.
Ingredienti per il prefermento
                       
farina W 300       
100%
300 gr
acqua 
60%   
180 gr
lievito fresco   
0,5%
1,5 gr
sale   
2%
6 gr
                                              
Sciogliamo il lievito nell’acqua e aggiungiamo la farina dove avremo messo il sale. Impastiamo e assicuriamoci di aver idratata tutta la farina. Non occorre incordare. Copriamo e mettiamo a temperatura di circa 21°C. Il prefermento sarà pronto quando, al raddoppio, noteremo un leggero cedimento al centro dell’impasto.
Impasto finale

farina W300
100% 
300 gr
acqua 
100%
300 gr
lievito fresco 
0,5%  
1,5 gr
sale
2 %
6 gr
olio
10%
60gr


                       
       Sciogliamo il lievito in 250 gr. di acqua e aggiungiamo l’olio. Con la frusta a K  a velocità 3 per circa 3 minuti per omogeneizzare i due liquidi.
 Aggiungiamo tutta la farina e sempre con la frusta a k facciamo andare  a velocità 1,5 fino a quando tutta la farina si è idratata. A questo punto aggiungiamo, a piccoli pezzi,  il prefermento.  Incordiamo. Quando l’impasto si è decisamente staccato dal fondo della ciotola, aggiungiamo a gocce i rimanenti  50 gr., sempre con l’impastatrice in funzione. 

 Aggiungeremo l’acqua fino a quando l’impasto riesce ad assorbirlo. Al primo accenno di rammollimento ( l’impasto tende a stare troppo tempo  “seduto” cioè non si stacca dal fondo) ci fermiamo. Durante l’aggiunta, curiamo di capovolgere l’impasto  per 3 volte prima della successiva porzione di acqua. Incordiamo e poniamo in un contenitore oleato. 


Poniamo a temperatura ambiente. A questo punto dobbiamo attendere la duplicazione dell’impasto, per cui segneremo il punto di partenza, ma anche ricordarci che dobbiamo operare 2 piegature a 3 ogni 45 minuti. Senza spostare l’impasto dal contenitore, bagniamo le mani e facciamo 2 piegature a tre. Si tratta di tirare un lembo dell’impasto e sovrapporlo sulla metà dello stesso, fare la medesima operazione per gli altri tre lembi dell’impasto. Alla fine capovolgere l’impasto (il lato superiore diventa inferiore e viceversa). Attendiamo che l’impasto si rilassi dopo l’ultima piegatura (30 minuti circa) e rovesciamo il tutto in una teglia oleata.  Stendiamo. 

L’impasto si presenta leggermente appiccicaticcio,  ci faremo aiutare bagnandoci le mani. Copriamo e poniamo in frigo per circa 2 ore. Tiriamo fuori ed accendiamo il forno. 
Prima di infornare accertiamoci che l’impasto sia raddoppiato. Con le dita bagnate facciamo dei fori nell'impasto fino a toccare il fondo della teglia, cospargiamo di olio, sale doppio e rosmarino.


 Inforniamo i primi 10 minuti nell'ultimo ripiano del forno. A sviluppo avvenuto e controllato che sotto sia cotto, termineremo la cottura ponendo la griglia a terzo ripiano a partire  dall'alto.